Non c’è dubbio: le donne sono manager migliori.

C’è un articolo del New York Times che ha rimbalzato da pc a pc durante il week end e ha ricevuto oltre 300 commenti, molti dei quali infuocati. Il titolo era proprio questo: Non c'è dubbio. Le donne sono manager migliori. E’ bastato questo per far scoppiare la bagarre. A essere indignati non sono stati solo gli uomini, anche le donne hanno deplorato la scelta del quotidiano. Il commento più comune è “smettiamola di fare distinzione di genere”.

Ma da dove è partito tutto? Si tratta di un’intervista, che si potrebbe definire “innocente, a Carol Smith, senior vice president e chief brand officer di Elle Group. Mrs Smith butta lì fra una risposta e l’altra che le donne sono dei manager migliori, dei migliori consiglieri e mentor perché hanno un modo più razionale di pensare. E poi non amano parlarsi addosso come fanno gli uomini, che perdono tempo chiacchierando di football e corsi di golf, mostrando video delle partite di calcio dei figli  e raccontando barzellette. Senza contare che si fanno scivolare tutto addosso, mentre le donne riflettono su ciò che succede loro.

Tanto che lei chiede di essere chiamata per le riunioni 15 minuti dopo l’inizio, per perdersi questi convenevoli.

“In my experience, female bosses tend to be better managers, better advisers, mentors, rational thinkers. Men love to hear themselves talk. I’m so generalizing. I know I am. But in a couple of places I’ve worked, I would often say, “Call me 15 minutes after the meeting starts and then I’ll come,” because I will have missed all the football. I will have missed all the “what I did on the golf course.” I will miss the four jokes, and I can get into the meeting when it’s starting.

Men also, they’re definitely better on the “whatever” side. Things tend to roll off their back. We women take things very personally. We’re constantly playing things over in our head — “What did that mean when they said that?” — when they mean nothing. And I’m certainly not immune to this. So there’s a downside to women”.

Mrs Smith dice anche, però, che lavorare in un ambiente tutto femminile è negative quanto lavorare in uno tutto maschile. L’ideale è che uomini e donne lavorino insieme. Un’idea controcorrente negli Stati Uniti dove stanno proliferando scuole solo per bambine perché sembra che i maschietti ritardino lo svolgimento dei programmi scolastici perché si distraggono, disturbano la classe e non sono dei bravi studenti come le loro compagne.

Come se non bastasse poi sono arrivati nuovi studi a supporto della tesi-Smith. Ai parlamentari del Congresso Usa è stata presentata una ricerca di Ernst & Young, che indica una relazione diretta tra il numero delle donne in posizioni dirigenziali e i profitti delle aziende: quelle che ne hanno di più registrano profitti nettamente più alti della media del loro settore industriale. E i media americani si sono affrettati a coniare un nuovo slogan o meglio un nuovo epitaffio: The Death of Macho Economy – La morte dell'economia machista. Un’economia tutta finanza e poca produzione. Insomma siamo di fronte a una rivalutazione di tutte quelle qualità ritenute tipicamente femminili, che prima della crisi venivano denigrate come touchy-feely, umorali e ipersensibili, e adesso vengono rivalutate e messe a confronto, in positivo, con l'eccesso di testosterone ostentato dai trader di Wall Street e dai banker dai bonus milionari. Così la nuova ricetta per uscire dalla crisi è “Iniettare estrogeni nelle aziende per rimettere in sesto l'economia”.

  • laserta |

    Non credo che l’attuale decadenza della finanza e dell’economia sia solo una questione riconducibile alla prevalenza del genere maschile (anche se la vulgata vuole che con le donne al potere non ci sarebbero state così tante guerre nel corso della storia.. mah!). C’è da dire però che un mondo ridotto al maschile (o al femminile) è inevitabilmente un mondo conservativo, sclerotico, progressivamente portato al declino. In realtà, i migliori traguardi vengono raggiunti dalla contaminazione delle menti, le più diverse possibili tra ceto sociale, sesso, etnia: si pensi alla Sicilia di Federico II, al sultanato di Granada, ai ragazzi di via Panisperna, al MIT di Boston..

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