L’Economist a Berlusconi: E’ la stampa, bellezza!

Luglio 2001

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Riporto la comunicazione di oggi dell’Economist:

"Nel luglio 2001 Silvio Berlusconi, attualmente Primo Ministro dell’Italia, ha avviato una causa legale accusando l’Economist di averlo diffamato in un articolo dal titolo "An Italian Story", apparso nel nostro numero del 26 aprile 2001. La copertina della rivista portava il titolo: "Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy".  Siamo lieti di annunciare che una Corte milanese ha emesso un giudizio che rigetta tutte le accuse di Mr. Berlusconi, obbligando lui ad assumersi tutti i costi legali sostenuti dall’Economist. Il giudizio in forma integrale è disponibile sul nostro sito Internet, http://www.economist.com. The Economist non rilascerà altri commenti al riguardo."

E qui trovate copia della sentenza:

Download giudizio_contro_berlusconi.pdf

Per coloro che vogliono rinfrescarsi la memoria sull’articolo in questione…

Download an_italian_story.pdf

  • Monica |

    Ho voluto pensare un po’ a questa domanda. E più in generale alla situazione della nostra stampa.
    Da dentro le cose forse appaiono diverse, sia in positivo sia in negativo. Senza contare che verso se stessi (in questo caso come categoria) si è sempre un po’ indulgenti e si tende a autogiustificarsi.
    Detto ciò, è vero che alla stampa italiana manca quell’afflato da “stampa libera”, d’inchiesta, di funzione civile, anche di controllo se vuoi. Manca e manca a partire dalle scuole di giornalismo (da cui ora viene circa il 90% dei giornalisti italiani, visto il loro moltiplicarsi). Possiamo continuare a raccontarci che è una questione di cultura, che non c’è la tradizione. In realtà è che a volte (spesso) è più comodo così.
    Capiterà ad ognuno di lasciar passare un errore, una pressione, un nonsidovrebbe fare sul lavoro. A noi manca la consapevolezza della nostra funzione, per far sì che certe cose non si lascino più passare.

  • Anonimo |

    In Italia invece la stampa perde smalto nel suo ruolo di osservatore indipendente…
    Perché tutti i giornalisti non si ribellano a situazioni come queste?

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