Il dibattito sul tema parte da lontano e non è certo un problema recente dei partiti. E’ vero, però, che negli Stati Uniti è molto più sentito che non in Europa. Anche se in Gran Bretagna hanno iniziato a commissionare sondaggi con spaccato di genere. D’altra parte dall’analisi delle elezioni presidenziali americane, l’incidenza del voto femminile era risultata determinante. Nel 2012 Obama ha ottenuto il 55% del voto delle elettrici americane contro il 43% ottenuto da Mitt Romney. Il 12% in più che non è molto lontano dal 13% in più ottenuto nel 2008. Il presidente Usa, inoltre, ha un grande successo soprattutto tra le nubili – il 68% contro il 30% di Romney – distanziando l’avversario di ben 38 punti. Un dettaglio non da poco visto che le donne negli Usa sono poco più del 50% della popolazione e quelle single oltre i 18 anni sono 24,4 milioni. Il problema in questo caso è tutto repubblicano. In Gran Bretagna, invece, è stato l’Ukip ha fare un sondaggio in questa direzione da cui è emerso che le sostenitrici del partito sono numericamente la metà dei sostenitori. Non sarà un problema di programmi e di linguaggio?
Nel dopoguerra, in Gran Bretagna, il voto conservatore era quello delle donne. Oggi è esattamente l’opposto. Il voto delle donne va a sinistra e non solo in Uk, anche in Scandinavia e appunto, come si diceva, negli States. I politici hanno pensato, in molti casi, che fosse una questione di immagine e percezione. Così nominare donne nelle prime linee dei governi e dei partiti è diventata una moda quasi planetaria. Ma è davvero sufficiente?
Molti commentatori, soprattutto Oltremanica, credono, invece, che sia un problema di contenuti. Nei programmi dei partiti il capitolo donne/famiglia viene esaurito molto spesso con la proposta di un maggior numero di asili nido. Una soluzione che non risponde più alle necessità nemmeno delle donne/mamme, figuriamoci delle donne/single!
Prendiamo l’Italia, ad esempio. Le proposte di legge a favore dell’occupazione femminile o la legge Golfo-Mosca sulle quote di genere nei cda non vengono da programmi di partito, ma piuttosto da iniziative parlamentari di singoli/e deputati/e.
Non sarebbe, quindi, il caso di uscire dagli stereotipi e dedicare al tema un po’ di attenzione? Forse alla fine si scopre che nei programmi politici le donne non vorrebbero iniziative da panda, ma proposte di buon senso per tutti, uomini e donne. E magari ci guadagna anche il Paese.