Le donne che lavorano sono malamente

“Ho lasciato il fidanzato perche’ voleva che rimanesse a casa. Per lui le donne che lavorano sono malamente”. Me lo racconta Mariangela, 21 anni, mentre mi sciacqua i capelli. Da 3 anni lavora da una parrucchiera del paese e a settembre comincerà’ il secondo anno della scuola per imparare bene il mestiere e avere un titolo di studio per potersi mettere in proprio. In questi 3 anni ha cambiato fidanzato, perche’ non riusciva a immaginarsi una vita chiusa in casa a tirar su figli. Per ogni Mariangela che sceglie il suo futuro, pero’, ci sono almeno 5 ragazze nel Sud Italia che lasciano decidere ad altri o che non ci provano neanche. E forse troppo spesso nelle grandi città’ ci dimentichiamo di questa Italia quando ai convegni citiamo i dati della disoccupazione femminile e delle carriere faticose delle donne.

Mi piacerebbe pensare a Mariangela e a tutte le altre che certe battaglie le portano avanti da sole, perche’ per il cambiamento non bastano quattro donne alla presidenza di grandi gruppi industriali o statistiche sui gap salariali. Eppure nel suo piccolo Mariangela ha un role model di tutto rispetto: la sua datrice di lavoro, 40 anni, 3 gemelli di 5 anni e una bimba di 4. Non ha mai smesso di lavorare organizzandosi con nido, babysitter e divisione a meta’ dei compiti in casa con il marito. Lei, che da’ lavoro ad altre due persone, dice: “una donna si realizza anche attraverso il lavoro, e’ un modo per essere piu’ equilibrate anche in famiglia e non essere frustrate trasmettendolo ai figli”. E c’e’ da scommettere che non ha avuto bisogno di studi, ricerche, convegni e articoli di giornale per capirlo!