Non solo parole. Barack Obama firma oggi due ordini esecutivi per procedere più speditamente verso l’obiettivo della parità salariale tra lavoratori e lavoratrici. Quale miglior occasione del “National Equal Pay Day”, la giornata nazionale della parità salariale proclamata dal presidente americano? Dalle dichiarazioni di gennaio, in occasione del discorso sullo Stato dell’Unione, si passa, quindi, ai fatti. Le misure, adottate da quest’oggi, interessano le società che hanno appalti con il governo federale che non potranno più punire i dipendenti che discutono tra di loro dei loro stipendi e dovranno seguire nuove regole nel dichiarare i compensi dei dipendenti, precisando il sesso e la razza.
“Sfortunatamente la disparità salariale continua ad essere un problema reale e persistente che penalizza le donne, le loro famiglie e l’intera economia” ha detto Valerie Jarret, capo consigliere della Casa Bianca nel presentare le misure, ricordando le azioni già intraprese dall’amministrazione Obama in questo senso. La prima legge firmata dal presidente dopo il suo arrivo alla Casa Bianca nel 2009, infatti, fu il Fair Pay Act che concede più tempo ai dipendenti per presentare ricorsi contro discriminazioni salariali ai loro danni. La Jarrett ha poi lamentato il fatto che i repubblicani al Congresso stanno impendendo l’approvazione di un’altra legge, il Paycheck Fairness Act, che garantirebbe l’applicazione in tutto il mercato del lavoro delle misure che da oggi Obama imporrà alle società che hanno appalti federali.
Secondo le stime citate dalla Casa Bianca, le lavoratrici americane guadagnano in media 77 centesimi per ogni dollaro guadagnato da un collega maschio. La differenza salariale in Europa (dove la giornata per la parità salariale è stata celebrata il 28 febbraio) è stata stimata intorno al 16,4%, sarebbe come se le donne lavorassero per 59 giorni all’anno gratis rispetto agli uomini. In una relazione del dicembre 2013 sull’attuazione delle norme UE sulla parità di trattamento di uomini e donne in materia di impiego (direttiva 2006/54/CE), la Commissione ha constatato che la parità retributiva è ostacolata da una serie di fattori: sistemi retributivi poco trasparenti, assenza di chiarezza giuridica nella definizione di “lavoro di pari valore” e ostacoli procedurali. La Commissione sta attualmente valutando i possibili interventi a livello europeo per accrescere la trasparenza salariale e ridurre così il divario retributivo di genere, contribuendo a promuovere e facilitare l’effettiva applicazione del principio della parità retributiva.
La proposta al governo Renzi è di prendere in considerazione anche questo aspetto e di studiare una misura ad hoc da inserire nel prossimo job act. Combattere la disparità salariale sarebbe già un incentivo di per sé per le donne a non rinunciare al lavoro dopo la maternità. Salari troppo bassi fanno risultare più conveniente stare a casa a curare i figli, piuttosto che andare a lavorare dovendo devolvere gran parte dello stipendio a nidi e babysitter. Pensiamoci!