Oggi dovrebbe arrivare l'iufficialità. La delega per le Pari Opportunità va a Teresa Bellanova, nominata da Matteo Renzi sottosegretario al ministero del Lavoro. A succedere a MAria Cecilia Guerra (governo Letta) è la deputata del Pd nata in provincia di Brindisi 55 anni fa. Fin da giovanissima legata al mondo del lavoro e in particolare alla Cgil, a 15 anni è stata eletta capolega alla Camera del Lavoro di Ceglie Messapica. Il suo percorso in Cgil la porta a ricoprire diverse funzioni come coordinatrice regionale delle donne della Federbraccianti in Puglia, poi segretaria generale provinciale della Flai (Federazione lavoratori dell’agroindustria) Cgil di Lecce, poi ancora come segretaria generale della Filtea Cgil (Federazione italiana lavoratori del tessile-abbigliamento) di Lecce. Infine dall’8 settembre 2000 entra nella segreteria nazionale della Filtea con delega alle politiche per il Mezzogiorno, alle politiche industriali, al mercato del lavoro, al contoterzismo e alla formazione professionale. Nel 2006 si candida alle elezioni della Camera dei deputati con Democratici di Sinistra. Una volta eletta, assume l’incarico di componente della XI commissione Lavoro, che mantiene fino alla nomina a sottosegretario al lavoro nel governo Renzi. Ricandidata alle elezioni del 2012, dopo aver ottenuto oltre 5200 preferenze alle primarie in provincia di Lecce.
Individuata la nuova responsabile delle Pari Opportunità, sarebbe ora il caso di elaborare un piano di lavoro perché questa delega non sia solo una coccarda per il nuovo governo. In Twitter si dice già che il governo Renzi ha intenzione di mettere mano alla legge sugli asili e a quella sulle quote di genere nei cda. Credo sia solo un reflusso della delusioni per quanto è successo questa settimana in Parlamento, ma forse sull'impegno dell'esecutivo a riguardo sarebbero necessarie delle rassicurazioni.
In Italia, lo ha ricordato lo stesso Renzi a Che tempo che fa, c'è ancora molto da fare per colmare il divario fra opportunità per gli uomini e opportunità per le donne nel lavoro, nella politica (Basilicata nessuna donna eletta, Sardegna 4 donne in consiglio regionale su 60), nelle retribuzioni, nella ricerca, nelle istituzioni, nelle posizioni apicali e così via. Non pensino a Roma che quella delle donne resta solo una questione di conciliazione lavoro-famiglia. Asili nido, part time, flessibilità di tempi e di spazi sul lavoro non sono prerogative femminili o almeno non dovrebbero esserlo, perché il peso dei lavori di cura dovrebbe essere equamente suddiviso e il sapere dove "sistemare" i figli dovrebbe essere una preoccupazione anche dei papà. In Italia, però, non è ancora così. Allora che questi siano strumenti per aumentare l'occupazione femminile che con la crisi è ulteriormente calata al 46,5% ben sotto la media europea. ROltre alla conciliazione, però, che ci sia un impegno anche a favore dell'imprenditoria femminile (che posiziona l'Italia a livelli record in Europa) e dell'accesso al credito delle donne; un impegno all'alfabetizzazione finanziaria perché anche dall'indipendenza economica passa il ribellarsi alle violenze domestiche; un impegno per l'ingresso delle donne giovani del Sud Italia nel mondo del lavoro perché lì la disoccupazione è di una ogni due; un impegno per cambiare l'immagine della donna nei media sull'esempio di quanto sta tentando di fare la Rai perché anche quella è cultura di un Paese; un impegno al rispetto delle quote nella costituzione degli organi societari delle partecipate pubbliche in tutta Italia come da legge 120 del 2011; un impegno al rispetto delle rappresentanza di entrambi i generi nella costituzione delle giunte, in modo che non si debba più ricorrere al Tar per far rispettare la norma di una presenza femminile. Certo ognuno avrà da aggiungere qualcosa a questa lista. Ci accontentiamo anche che si scelgano solo tre priorità fra le mille proposte, purché siano portate a termine.