Smettiamo di voler essere le prime della classe. Non paga!

Matematica«Tous les génies qui naissent femmes sont perdus pour le bonheur du public». Erano i primi dell'ottocento e Stendhal aveva chiaro che nascere donna non era proprio un grande affare, anche nel caso in cui si fosse stato un vero genio. Sarà per questo che le donne fin da bambine si portano dietro la vocazione a prendere bei voti. Quando arriva la pagella di tutti dieci, le bambine si gonfiano d'orgoglio. I maschi, più spesso, incassano voti meno gloriosi e se li fanno andare bene lo stesso. Andando avanti questo si traduce in più laureate (il 26,3%, pari a 513 mila su una popolazione femminile 30-34 anni di un milione e 951 mila, contro il 17,2% degli uomini italiani della stessa età), in tempi più brevi (26,7 anni contro la media maschile di 27 anni) e con voti di laurea migliori (103,6 contro il 101,2).

 

Brave, certo. Poi si scopre che a un anno dalla laurea, secondo i dati di Almalaurea, tra i laureati magistrali biennali (3+2), già ad un anno dalla laurea risultano significative le differenze tra uomini e donne nel mondo del lavoro: hanno un impiego 52 donne e 59 uomini su cento. A cinque anni dalla fine degli studi le differenze di genere si confermano significative: lavorano 79 donne su cento e 86,5 uomini su cento. I vantaggi della componente maschile sono confermati a parità di gruppo disciplinare. Se consideriamo poi la variabile figli: a un anno dalla laurea il tasso di occupazione è pari al 44% tra gli uomini, contro il 27% delle laureate con prole. A cinque anni dalla laurea il differenziale, lungi dal diminuire, aumenta toccando i 25,5 punti percentuali tra quanti hanno figli (il tasso di occupazione è pari all’89% tra gli uomini, contro il 63,5% delle laureate).

Le differenza di genere gioca il suo ruolo anche nel trattamento retributivo. L'analisi di Almalaurea, che ha tenuto conto del complesso delle variabili che possono avere un effetto sui differenziali retributivi di genere (percorso di studio, età media alla laurea, voto di laurea, formazione post-laurea, prosecuzione del lavoro precedente alla laurea, tipologia dell’attività lavorativa, area di lavoro, tempo pieno/parziale), mostra che a parità di condizioni gli uomini guadagnano in media, ad un anno dalla laurea, 90 euro netti in più al mese, che salgono a 172 euro a cinque anni dalla laurea.

Ma allora perché corriamo tanto? Adesso poi arrivano dagli Stati Uniti studi che dimostrano come le donne, siano troppo impegnate a voler essere dell'A-student e che forse questo le porta a cimentarsi meno in corsi di studi dove i professori sono più stretti di manica.Un'analisi di Stuart Rojstaczer e Christopher Healy dimostra come i voti dei dipartimenti di scienze sono in media o,4 punti più bassi (in una scala da 1 a 4) di quelli di materie umanistiche. un trend confermato anche in Italia. Secondo il rapporto di Almalaurea la media del voto di laurea in Lettere è di 105,1 punti contro i 101 delle materie chimico-farmaceutiche, 100,9 di geo-biologiche, 100,6 agraria, 100,1 delle altre materie scientifiche fino al 97,2 di ingegneria e al 94,9 di economia e statistica.

La fotografia della situazione negli States l'ha fatta Claudia Goldin, professore di economia ad Harvard, secondo la quale il rapporto tra maschi e femmini tra gli studenti di economia è di 2,6 a uno, mentre fra i ricercatori è di 2,5 a uno. "Many young women don’t seem to understand that economics is also for those who have broad intellectual interests and for those with research and policy interests in health, education, poverty, inequality, crime, obesity, the environment, terrorism or infectious disease. All students should be aware of the broad applications of economics when considering an undergraduate major" osserva Goldin, che osserva come oltre ad essere un numero inferiore fra gli iscritti ad economia, le ragazze presentano anche un grado di abbandono più alto quando non ottengono voti elevati. Al contrario fra i ragazzi non si rileva lo stesso grado di "scoraggiamento" di fronte a votazioni non eccelse.

ArcidiaconoLo stesso trend è stato sottolineato da Peter Arcidiacono dell'Università di Duke, che ha preso in esame le facoltà di scienze, tecnologia, ingegneria e matematica (Stem). In questo caso si sottolinea come fattori di scoraggiamento "l'ostilità verso le studentesse" e "la carenza di donne nel corpo insegnate", ma anche, ancora una volta, i voti in media meno elevati rispetto ad altri corsi di laurea. I dati sul gap fra i due generi nel numero dei laureati parlano chiaro.

A conti fatti, però, i laureati con i salari più alti sono proprio quelli in economia e nelle materie prese in esame da Arcidiacono. Gli studiosi, quindi, ipotizzano che gli uomini, vedendosi in prospettiva come i breadwinner della famiglia, sono più portati a perseverare anche di fronte a voti mediocri. Il consiglio, quindi, è quello per le donne di cambiare la loro miope attitudine ad attribuire un significato rilevante alle votazioni quando questo limita l'accesso a materie a più alto rendimento in prospettiva futura. Catherine Rampell, reporter economica sul Wall Street Journal, a riguardo osserva: "if women want to compete with the big boys, in the disciplines and professions where men continue to dominate, we need to overcome our B-phobia. Rise yourselves of the intoxicating waters of Lake Wobegon, ladies, and embrace meaningful mediocrity".

Può essere un'idea, che ne dite?