"Stay calm, don't panic" avrebbe dovuto gridare la guardia dell'albergo formato extra-extra-extra large di fronte alle reazioni inconsulte di un gruppo di italiani nella lobby dell'albergo. Un reality che supera le migliori sceneggiature. Il titolo potrebbe essere "Prigionieri a New York".
Protagonisti una quarantina di uomini di finanza in viaggio d'affari negli States. Arriva la notizia del blocco degli aeoporti italiani. La distanza fa il brutto scherzo di non rendere immediatamente reali le notizie che vengono da olteoceano, così il primo gruppo di ritorno fa come se nulla fosse e preparate le valigie si dirige all'aeroporto. Cinque ore dopo tornano tutti, nessuno escluso. Il presidente dell'associazione, che chiameremo A, addirittura senza valigia. Grazie alla super carta da Vip dei Vip era stato messo in lista d'attesa sul volo per Roma e ha imbarcato il bagaglio. Lui è rimasto a New York, il bagaglio è l'unico pezzo del nostro gruppo al momento ad essere arrivato in Italia.
La notizia è che tutti i nostri biglietti sono stati spostati dall'American Airlines alla settimana successiva. Da lì il caos. Restare a tempo indeterminato a New York? Non se ne parla nemmeno e così l'italiano che vuole dimostrare di essere sempre più furbo degli altri si ingegna. La sequela di follie inizia la mattina in ascensore: Marescotti dice che ha trovato la soluzione, andrà a Caracas e da lì in Europa, perchè la nave per il Portogallo è già partita questa mattina. Penso che sia una bufala e sorrido alla battuta. Nella hall dell'hotel un gruppo di pionieri è pronto con valigia a prendere il taxi per l'aeroporto. Obiettivo: cercare un volo low cost per Miami perchè già che dobbiamo stare qui almeno prendiamo il sole.
Intanto il presidente di A sconsolato si fa convincee da Marescotti ad andare a Caracas e fa comprare il biglietto al figlio in Italia tramite internet. Qualcuno lo convince che andare in giro per il mondo senza valigia e rischiare di restare bloccato e solo con Marescotti a Caracas non è proprio una brillante idea, così desiste e inizia la trafila per farsi rimborsare il biglietto.
Roberson ha un'idea migliore. Ha trovato un volo per Tel Aviv, da lì dopo sei ore d'attesa dovrebbe prendere un aereo per l'Italia. Sempre che lo facciano partire perchè altrimenti senza visto non potrà neppure uscire dall'aerporto. Il presidente soppesa l'idea ma anche stavolta lascia stare.
Ricciotti ha una soluzione alternativa: passare per Casablanca con volo mercoledì (tutto questo succedeva domenica scorsa, ala fine mercoledì ha comprato un biglietto prima classe alitalia New York-Malpensa per 4mila euro). Gli altri si sono divisi: c'è chi punta sulla Spagna, chi accetta una prenotazione sulla Singapore Airlines via Francoforte (per altro chiusa per gli stessi motivi). Va meglio a Capello che aveva in programma un viaggio a San Francisco, mentre il suo socio Amatori già che c'è va a trovare la famiglia a Toronto e poi tenta di tornare in Italia via Atlanta.
Il presidente alla fine si fa convincere a comprare un biglietto di prima classe per Roma (4mila euro, appunto) e da lì riesce a raggiungere Milano in auto. Dilda si mette in lista d'attesa all'aeroporto e ce la fa a salire sul volo per Roma. Il giorno dopo ci prova anche Del Giudice. Ormai è diventata una questione d'orgoglio.
L'hotel, dal canto suo, ignora i proclami del sindaco Bloomberg che aveva assicurato il 50% di sconto per coloro che non riescono a partire e ci aumenta la tariffa di 100 dollari se vogliamo prolungare il soggiorno contro ogni logica di "più stai meno spendi". Le giornate passano con le ipotesi di viaggio più rocambolesche. Per fortuna ho acquistato un biglietto Alitalia per Roma e domani torno a casa, anche se la commessa del negozio di Armani Exchange mi ha detto che la mia taglia di jeans è rimasta solo ad un negozio di Puertorico. Potrei fare tappa lì e poi rientrare in Italia. Ma meglio chiamare prima per farmi mettere da parte i jeans, mi avverte la commessa, perchè ne è rimasto un solo paio.