Sir Tim Hunt ha retto solo poco più di 24 ore. Dopo la gaffe sull’inopportunità di avere donne nei laboratori (perché piangono alle critiche, si innamorano dei colleghi e i colleghi si innamorano di loro), si è scatenata una bagarre fuori e dentro i social network e i media. A cominciare dal primo tweet di Connie St Louis, the director of the science journalism program at City University London: “Really does this Nobel Laureate think we are still in Victorian times???”. Uomini e donne del mondo scientifico e non hanno rincarato la dose. Prof. Sophie Scott ricercatrice di neuroscienze della stessa Università di Hunt, ha scritto su Twitter: “I am in the office, but I can’t do my science work as I saw a photograph of #TimHunt and now I’m in love, dammit.” E Kate Devlin, lettrice al Goldsmiths, University of London, ha aggiunto: “Dear department: please note l will be unable to chair the 10am meeting this morning because I am too busy swooning and crying. #TimHunt.”
Insomma Hunt alla fine è stato travolto dalle reazioni e nonostante le scuse della prima ora (in cui comunque ribadiva che si trattava una battuta ma che lui credeva davvero in quel che aveva detto), ieri si è dimesso da professore onorario all’University College London. Io ho già scritto cosa ne penso: non credo sia un caso di sessismo, la stessa reazione si sarebbe avuto se avesse detto che gli uomini con i capelli rossi davano fastidio in laboratorio per i riflessi della loro chioma! Come si può dire che una certa categoria non può fare un certo lavoro?
Questo quello che succede oltre Manica, ma in Italia? Da noi il rettore dell’Università Sapienza, Eugenio Gaudio, a fine maggio ha partecipato come presidente della giuria al concorso Miss Università. Non sono tardate le proteste, a partire dagli studenti dello stesso ateneo. Ma soprattutto all’interno delle università italiane si è alzata la voce delle docenti, ricercatrici e dottorande. Fra le altre iniziative segnalo “Altra Velocità”, un gruppo di giuslavoriste che “intendono avviare una discussione sui profondi cambiamenti in atto nel diritto del lavoro in Italia e in Europa, quale esito dei processi di riforma suggeriti o imposti dalle istituzioni europee in attuazione di misure di austerità, non meno che dalla competizione economica giocata su mercati globalizzati”. Al gruppo di lavoro hanno aderito 48 professioniste che insegnano nelle università italiane. Tutte, personalmente, hanno aderito alla raccolta firme lanciata su change.org per chiedere le dimissioni del rettore Gaudio. Le firme sotto la petizione, ad oggi, sono 28.743. Ma sembra che la cosa non importi proprio a nessuno.
Ah dimenticavo: in Italia non si usa dimettersi anche quando si è in errore. Sarà per quello che non se ne parla più.