“In un contesto di emancipazione femminile realizzato, quale è quello dei paesi occidentali, l’atteggiamento della Chiesa sembra […] rovesciarsi.Soprattutto in una cultura in cui l’emancipazione delle donne viene misurata sul libero accesso agli anticoncezionali e sulla legalizzazione dell’aborto, la Chiesa viene percepita come una nemica dell’emancipazione. A questo conflitto culturale si aggiunge – scrive Scaraffia – l’assenza di donne nelle sfere decisionali della Chiesa, benché le religiose siano, almeno per ora, molto più numerose dei religiosi. Inoltre, esse sono in genere relegate in ruoli di sottoposte […] con compiti subalterni”.
E in effetti le religiose cattoliche nel mondo sono 702.529, mentre i religiosi sono meno di un decimo (esclusi i sacerdoti) 55.314, secondo i dati del 2012. Il che significa che su 14 consacrati, 13 sono donne. Detto altrimenti, a livello mondiale i maschi costituiscono il 7% della comunità religiosa cattolica. Le proporzioni cambiano se ai maschi religiosi sommiamo i vescovi (5.133) e i sacerdoti (414.313): in questo caso il peso femminile risulta ridimensionato, ma le donne rappresentano comunque il 60% della Chiesa consacrata.
“Si tratta di presenze femminili di cui si è persa completamente la forza di rottura e di cambiamento: edulcorandone le parole, i gesti e le esperienze, non ci si è dimenticati di loro, ma le si è ricordate male. Non è un problema di memoria, dunque, ma di prospettiva: tramandate attraverso lo sguardo maschile, sono state completamente snaturate” scrive Galeotti ripercorrendo le figure femminili, laiche e religiose, della storia della chiesa.
Papa Francesco, dal canto suo, è intervenuto più volte sulla questione femminile e ha aperto a una presenza più significativa delle donne nella Chiesa, ma non ha aperto al sacerdozio. Il pensiero di Bergoglio, ribadito in molte circostanze, è molto chiaro – spiega Scaraffia nelle sue riflessioni: “Denuncia con una sincerità e un coraggio veramente nuovi la condizione di subalternità in cui si trovano oggi le donne nella Chiesa, e chiede uno studio approfondito per motivare una loro presenza più autorevole.” Non ritiene, quindi, che sia sufficiente un’apertura alle donne concessa da una persona – sia pure il Papa – ma pensa sia necessario il riconoscimento della loro importanza per la vita della Chiesa.
Le due studiose segnalano, comunque, ancora alcune questioni aperte con cui la Chiesa dovrà fare i conti: “Ma per realizzare questo progetto la Chiesa deve fare i conti con vari problemi aperti: in primo luogo quello della violenza sulle donne cristiane, che deve essere riconosciuta come forma di martirio, e naturalmente quello più pesante delle violenze sulle religiose che avvengono all’interno della Chiesa. Si dovrà affrontare infine – come ha detto Papa Francesco – quello dell’assenza di donne nei luoghi delle decisioni, nei seminari e, più in generale, dell’inveterata abitudine a non ascoltarle, a non ritenere interessante e utile il loro pensiero”.
Non manca l’apertura ad affrontare il tema, ma di certo la strada da percorrere sembra ancora molto lunga.