“È vero che la donna può e deve essere più presente nei luoghi di decisione della Chiesa. Ma questa io la chiamerei una promozione di tipo funzionale. Solo così non si fa tanta strada”. Nell’intervista del 5 marzo scorso con Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera risponde così Papa Francesco alla domanda su come verrà promosso il ruolo della donna nella Chiesa. Una risposta che potrebbe valere anche per altri ambiti. A quanto serve una promozione solo funzionale e non sostanziale? Questo e altri interrogativi vengono affrontati nel libro “Papa Francesco e le donne”, scritto dalle storiche e giornaliste Lucetta Scaraffia e Giulia Galeotti ed edito da Il Sole 24 Ore in collaborazione con L’Osservatore Romano (in edicola fino a metà agosto). Un libro che non vuole riflettere solo sul ruolo delle donne nella Chiesa cattolica, ma anche sulle questioni ancora irrisolte, attraverso le parole di Bergoglio.
“In un contesto di emancipazione femminile realizzato, quale è quello dei paesi occidentali, l’atteggiamento della Chiesa sembra […] rovesciarsi.Soprattutto in una cultura in cui l’emancipazione delle donne viene misurata sul libero accesso agli anticoncezionali e sulla legalizzazione dell’aborto, la Chiesa viene percepita come una nemica dell’emancipazione. A questo conflitto culturale si aggiunge – scrive Scaraffia – l’assenza di donne nelle sfere decisionali della Chiesa, benché le religiose siano, almeno per ora, molto più numerose dei religiosi. Inoltre, esse sono in genere relegate in ruoli di sottoposte […] con compiti subalterni”.
E in effetti le religiose cattoliche nel mondo sono 702.529, mentre i religiosi sono meno di un decimo (esclusi i sacerdoti) 55.314, secondo i dati del 2012. Il che significa che su 14 consacrati, 13 sono donne. Detto altrimenti, a livello mondiale i maschi costituiscono il 7% della comunità religiosa cattolica. Le proporzioni cambiano se ai maschi religiosi sommiamo i vescovi (5.133) e i sacerdoti (414.313): in questo caso il peso femminile risulta ridimensionato, ma le donne rappresentano comunque il 60% della Chiesa consacrata.
“Si tratta di presenze femminili di cui si è persa completamente la forza di rottura e di cambiamento: edulcorandone le parole, i gesti e le esperienze, non ci si è dimenticati di loro, ma le si è ricordate male. Non è un problema di memoria, dunque, ma di prospettiva: tramandate attraverso lo sguardo maschile, sono state completamente snaturate” scrive Galeotti ripercorrendo le figure femminili, laiche e religiose, della storia della chiesa.
Papa Francesco, dal canto suo, è intervenuto più volte sulla questione femminile e ha aperto a una presenza più significativa delle donne nella Chiesa, ma non ha aperto al sacerdozio. Il pensiero di Bergoglio, ribadito in molte circostanze, è molto chiaro – spiega Scaraffia nelle sue riflessioni: “Denuncia con una sincerità e un coraggio veramente nuovi la condizione di subalternità in cui si trovano oggi le donne nella Chiesa, e chiede uno studio approfondito per motivare una loro presenza più autorevole.” Non ritiene, quindi, che sia sufficiente un’apertura alle donne concessa da una persona – sia pure il Papa – ma pensa sia necessario il riconoscimento della loro importanza per la vita della Chiesa.
Le due studiose segnalano, comunque, ancora alcune questioni aperte con cui la Chiesa dovrà fare i conti: “Ma per realizzare questo progetto la Chiesa deve fare i conti con vari problemi aperti: in primo luogo quello della violenza sulle donne cristiane, che deve essere riconosciuta come forma di martirio, e naturalmente quello più pesante delle violenze sulle religiose che avvengono all’interno della Chiesa. Si dovrà affrontare infine – come ha detto Papa Francesco – quello dell’assenza di donne nei luoghi delle decisioni, nei seminari e, più in generale, dell’inveterata abitudine a non ascoltarle, a non ritenere interessante e utile il loro pensiero”.
Non manca l’apertura ad affrontare il tema, ma di certo la strada da percorrere sembra ancora molto lunga.