Per la democrazia paritaria non c'è fretta. Si può aspettare il 2019. La mediazione al Senato sul ddl per introdurre la doppia preferenza alle elezioni europee ha portato a posticipare l'entrata in vigore della norma di cinque anni, al 2019. Alle prossime elezioni di fine maggio, invece, se l'elettore dà due preferenze, può tranquillamente scegliere due candidati dello stesso genere. Se ne dà tre, allora la terza deve andare a un genere diverso. In soldoni si possono votare due uomini e una donna. E visto che si tratta di matematica è intuitivo immaginare che in questo modo le preferenze per gli uomini rischiano di essere molte di più. I commenti, naturalmente, sono tutt'altro che positivi per quanti/e stanno sostenendo la necessità di andare verso un riequilibrio della rappresentanza di genere. L'accordo raggiunto è "indignitoso e umiliante" per Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto-Sel. Per Lucio Romano, presidente del gruppo Per l'Italia "la preferenza di genere serve per dare applicazione agli articoli 3 e 51 della Costituzione", in pratica per "un'uguaglianza sostanziale ed effettiva". La relatrice del ddl Doris Lo Moro non è d'accordo con la mediazione ma si è rimessa al parere della maggioranza, osservando però: "Quando di tratta di legiferare per i diritti delle donne c'è sempre motivo per rinvciare, per dire che il problema è un altro". Mentre Elena Fattori, portavoce al Senato del Movimento 5 Stelle, ha deciso di ritirare la propria firma dal disegno di legge perchè "con le tre preferenze, in tutte le circoscrizioni si avrà un meccanismo che non tutelerà le candidate. Si tratta di un accordo truffa ai danni delle donne". Da parte sua il presidente del Senato, Pietro Grasso dopo aver incontrato una delegazione di senatrici guidate dalla vicepresidente del Senato Valeria Fedeli, ha ribadito di auspicare "soluzioni soddisfacenti".
Ancora una volta, sotto il governo di Matteo Renzi, ci si trova di fronte a un accordo al ribasso sui temi della democrazia paritaria. "Si è raggiunto un accordo con una norma 'transitoria' per le prossime elezioni di maggio per il 2014, con l'annullamento della terza preferenza se non si rispetta l'alternanza. Sono dunque ipotizzabili preferenze dello stesso genere per le prime due preferenze ma non per la terza. La proposta prevede poi, a partire dal 2019 la presenza paritaria nelle liste, l'alternanza nel ruolo di capolista e la preferenza di genere con seconda e terza preferenza annullate se il principio non viene rispettato" spiega Lo Moro, aggiungendo: "Il punto di sintesi è stato trovato al termine del confronto tra gruppi parlamentari e il governo. A chi non si trova d'accordo voglio dire che lo capisco, perché nemmeno io ero d'accordo, ma c'è una larga maggioranza che sostiene la proposta e non se ne può non tener conto. Sapremo nel futuro se quella di oggi è una vittoria parziale o una sconfitta. Oggi chiudiamo l'iter parlamentare nei termini condivisi da gran parte dell'aula".
Già, in futuro sapremo. Quando dopo le elezioni conteremo i numeri e le percentuali. Come in Sardegna (4 consigliere su 60) o in Basilicata (zero donne). Dopo la bocciatura delel quote di genere nell'Italicum e l'accordo che si sta profilando per le europee, forse l'unica soluzione è che l'indicazione ai partiti arrivi dal basso. Ma se le donne iniziassero a votare solo donne?