Non è giusto che una coppia non possa scegliere se dare ai propri figli il cognome della madre o del padre. A dirla così sembra una cosa così lapalissiana e invece una coppia milanese (Alessandra Cusan e Luigi Fazzo) ha dovuto aspettare 14 anni per vedersi riconosciuto questo diretto. E ha dovuto far ricorso alla Corte europea dei diritti umani per veder sanzionata l'Italia. Ora tutti plaudono alla sentenza di Strasburgo, eppure in Italia già sembrava una rivoluzione la legge che nel 2000, poi modificata nel 2012, permetteva di aggiungere il cognome materno a quello paterno.
I giudici della Corte hanno condannato l'Italia per avere violato il diritto di non discriminazione tra i coniugi in congiunzione con quello al rispetto della vita familiare e privata. In particolare, i giudici sostengono che "se la regola che stabilisce che ai figli legittimi sia attribuito il cognome del padre può rivelarsi necessaria nella pratica, e non è necessariamente una violazione della convenzione europea dei diritti umani, l'inesistenza di una deroga a questa regola nel momento dell'iscrizione all'anagrafe di un nuovo nato è eccessivamente rigida e discriminatoria verso le donne". Nella sentenza i giudici sottolineano anche che la possibilità introdotta nel 2000 di aggiungere al nome paterno quello materno non è sufficiente a garantire l'eguaglianza tra i coniugi e che quindi le autorità italiane dovranno cambiare la legge o le pratiche interne per mettere fine alla violazione riscontrata.
"Attualmente - ha commentato Gian Ettore Gassani, presidente dell'Ami (Avvocati matrimonialisti italiani) - il Codice Civile del nostro Paese vieta di poter attribuire il cognome materno ai figli, fatti salvi i casi previsti quali la maternità naturale senza il riconoscimento della prole da parte del padre. Le nostre leggi sono ancora fortemente di stampo patriarcale, nonostante le varie riforme del diritto di famiglia. Il cognome paterno è considerato sacro, sulla scia di un retaggio culturale e giuridico millenario, tanto che in determinati casi il cognome materno può essere solo aggiunto a quello paterno. Da circa vent'anni nel nostro Paese si parla di libertà nell'attribuzione del cognome ai figli ma sono forti le resistenze del legislatore a consentire ai genitori tale scelta senza l'imposizione paternalistica di una legge superata dalla storia e dalle Convenzioni internazionali. Urge una riforma del diritto di famiglia italiano – conclude – per evitare che l'Italia finisca in un binario morto rispetto agli altri Paesi dell'Occidente e dell'Unione Europea in particolare".
Ora la normativa italiana dovrà adeguarsi, con i suoi tempi, ma noi siamo pronti a questo cambiamento? In quante famiglie ci sarà il confronto per decidere se adottare il cognome paterno o quello materno? La legge del 2000 non ha portato a un cambiamento sostanziale verso il modello spagnolo a due cognomi. Non ci si aspetti, quindi, una rivoluzione da questa nuova svolta in materia di cognomi. C'è, però, un fatto: darà la possibilità di scelta ai singoli e soprattutto darà la possibilità di dare alle nuove "forme" di famiglia un "nome" adeguato, in cui si possano riconoscere e identificare. Perchè la realtà sta cambiando sempre più velocemente, siamo noi, forse, a restare un passo indietro.