Giusto un anno fa si indicava nel testosterone la prima causa della crisi finanziaria. Uno studio dell'Università di Cambridge, guidato dal neuroscienziato ed ex consulente di Deutsche Bank John Coates, aveva dimostrato che quando i livelli di testosterone continuano ad aumentare finiscono per portare a condotte pericolose. Sui trader maschi questo indurrebbe a “comportamenti maniacali accompagnati da senso di infallibilità”. In poche parole gli uomini sono più portati a esagerare nel rischiare. Qualcuno però si è chiesto se davvero si trattasse di una questione di ormoni e ha voluto condurre una ricerca scientifica sul reale effetto del testosterone.
Per testare l’ipotesi che esista davvero una correlazione tra il livello di testosterone e il comportamento in materia finanziaria, l’economista Magnus Johannesson ha voluto condurre un esperimento scientifico. Per 4 settimane 200 donne in post menopausa, tra i 50 e i 65 anni, si sono sottoposte a trattamenti a base di estrogeni, testosterone o placebo in modo del tutto casuale (come avviene nei test per i medicinali). Al termine del periodo le 200 “cavie” hanno partecipato a una serie di esercizi economici che misuravano il grado di altruismo, correttezza reciproca, fiducia, affidabilità e propensione al rischio. Il risultato è stato che non si è verificato “nessun significante effetto degli estrogeni e del testosterone sul comportamento delle partecipanti allo studio”. Vale a dire, che le donne non hanno assunto comportamenti più competitivi o aggressivi e non hanno optato per un maggior grado di rischio nelle loro scelte.
L’esperimento di Coates, che all’inizio della propria carriera aveva lavorato in finanza, si è basato su un campione di 17 agenti di finanza della City londinese, a cui è stato misurato mattina e pomeriggio il livello di testosterone nella saliva. L’esperimento di Johannesson ha avuto, invece, un campione ben più vasto e una maggior durata. Particolari? Forse, ma certo la teoria del testosterone come causa della crisi era piaciuta molto e soprattutto la stampa si era affrettata a darne notizia, a partire dal Time. La smentita di questa ipotesi piace meno, perché costringerebbe gli uomini ad assumersi delle responsabilità piuttosto che scaricare le colpe su un fattore “di genere”.
Resta il fatto che le donne anche bombardate da ormoni mantengono un certo equilibrio. E se l’affidabilità, il controllo del rischio e la stabilità non fossero sufficienti a credere nelle potenzialità delle donne in finanza, ieri sono arrivati anche i risultati di un nuovo test. Le ragazze possono ottenere risultati brillanti quanto i ragazzi in matematica, anche ai massimi livelli, se vengono dati loro lo stesso incoraggiamento e le stesse opportunità. Ancora una volta, come nei due casi sopra citati, a pubblicare i risultati della ricerca è la rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. I ricercatori contraddicono, quindi, la tesi sostenuta da Larry Summers (ex rettore di Harvard e attuale gran consigliere per l’Economia di Obama), secondo il quale esistevano delle differenze di tipo biologico alla base dei risultati di uomini e donne in campo matematico. Le conclusioni di Janet Hyde e Janet Mertz dell'Università del Wisconsin, appena pubblicate, indicano invece che “sia la differenza con cui i generi vengono trattati, non la mancanza innata di abilità o l'attitudine intrinseca la ragione principale per cui le donne indicate come eccellenti in matematica sono meno degli uomini nella maggior parte dei paesi, inclusi gli Stati Uniti”.
Che le pari opportunità non si conquistino più attraverso le quote rosa ma a suon di ricerche scientifiche?