Hai davvero il coraggio di guardare in faccia la crisi?

Marzo 2009. Foto di una coppia italiana in vacanza a New York.

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 In Italia la parola crisi fa venire l’orticaria e meno la si pronuncia meglio è. Sono stati pubblicati addirittura decaloghi sulle cose da non dire parlando di crisi, per evitare le banalità o le frasi poco opportune. A New York, epicentro dei licenziamenti, la guardano invece in faccia e sembrano dirle: Non abbiamo paura. La reazione, naturalmente, è in linea con il mito holliwoodiano dell’americano che ce la fa contro tutti e contro tutto. Però tanto di cappello se a Time Square riescono a far campeggiare un manifesto gigantesco che ricorda come “Il 22% dei newyorkesi deve scegliere tra il cibo e le medicine”. Un monito per chi vive nella Grande Mela. Ma anche la volontà di non nascondersi dietro un dito di fronte ai turisti, che in Time Square hanno una tappa obbligata.

A New York la crisi si respira per strada, nei bar, nei negozi vuoti e in metropolitana. Ma la pubblicità non cerca di raccontare un’altra realtà. Non vende sogni. Così il possedere un’auto diventa una moda da pre-recessione, qualcosa che non si usa più perché è più conveniente il car sharing:

 

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E non ci si vergogna neppure a voler risparmiare un dollaro sul pranzo:

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Intanto in Italia nel primo trimestre 2009 il Pil è sceso del 5,9% su base annua. Certo, sempre meglio del 6,4% della Romania e del 9,1% della Russia. Ma se anche i prossimi tre trimestri fossero a variazione pari a zero (eventualità un po' improbabile), l'anno si chiuderebbe con un Pil negativo per il 4,6 per cento. Magari la seconda metà dell'anno ci porterà buone nuove, ma forse è meglio iniziare a guardare in faccia i numeri.