Exploit della presenza femminile ai vertici delle società controllate pubbliche. I dati sono stati diffusi oggi nell’ambito dell’evento “Le quote di genere negli organi di amministrazione e controllo delle società pubbliche: profili giuridici e economici”, promosso dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Università degli Studi di Napoli Federico II. La percentuale complessiva risulta essere pari al 17,2%, leggermente più bassa la presenza nei consigli di amministrazione con il 14%, mentre nei collegi sindacali si sale al 24,7% nelle 4mila società non quotate partecipate dalla Pa per oltre il 50%.
Il panel di società preso in considerazione è stato selezionato in base ai dati Cerved, secondo i quali le partecipate dalla Pa sono circa 14mila, ma si è preso in considerazione solo quelle con una quota pubblica del 50%. Nello spaccato 2,5 mila sono partecipate da comuni, 800 da enti diversi da quelli territoriali, come per esempio le controllate del Ministero dell’Economia, quasi 400 sono di proprietà delle province mentre le restanti 270 sono partecipate dalle regioni. Secondo gli archivi di Cerved a queste 4mila società corrispondono oltre 24 mila cariche di amministrazione e di controllo: oltre 20mila sono occupate da uomini (82,8%), mentre appunto sono più di 4mila le donne, il genere meno rappresentato (17,2%). La società che hanno rinnovato gli organi dopo l’entrata in vigore della legge 120/2011 sono 1367 (35%) per il cda, 496 per l’amministratore unico.
“La presenza di donne risulta molto più alta, pari al 23,8%, tra le società che hanno rinnovato gli organi dopo il 12 Febbraio del 2013, obbligate quindi ad assegnare al genere meno rappresentato almeno il 20% delle cariche in sede di prima applicazione. La quota scende al 14,3% tra quelle che non hanno rinnovato i propri organi” commenta Monica Parrella, direttore generale dell’Ufficio per gli interventi in materia di parità e pari opportunità, illustrando i dati.
Esiste naturalmente anche l’altra faccia della medaglia: i dati indicano anche che circa un terzo delle società non hanno rispettato le nuove disposizioni, con riferimento al Consiglio d’Amministrazione e al Collegio sindacale per quanto concerne i membri effettivi, mentre sono poco meno della metà con riferimento ai membri supplenti. Nelle segnalazioni pervenute al Dipartimento Pari Opportunità 127 sono nel Nord Italia, 107 al Centro, 16 Sud e Isole.
Non solo. Più di 200 delle società controllate dalle Pubbliche Amministrazioni che dovevano rinnovare il Consiglio d’Amministrazione dopo l’entrata in vigore delle nuove norme hanno modificato il proprio organo di amministrazione da collegiale a monocratico, diventando società con un amministratore unico e, quindi, ponendosi al di fuori dell’ambito di applicazione della legge.
Però qualcosa si muove!