Detrazione del costo dei collaboratori domestici per donne lavoratrici sia dipendenti sia titolari di azienda o lavoratrici autonome. La proposta di disegno di legge dell’associazione Sui Generis, all’esame della segreteria legislativa del ministro per le Riforme costituzionali Maria Elena Boschi, è semplice: “dall’imposta lorda dei contribuenti di genere femminile si detrae un importo pari fino all’80% delle somme corrisposte a titolo di retribuzione lorda a collaboratori domestici” spiega Paola Diana, responsabile dei giovani di Sui Generis e sostenitrice in prima persona della proposta, che specifica come siano previsti diversi scaglioni di detrazioni a seconda della fascia di reddito della lavoratrice, fino ad un massimo, appunto, dell’80%. La detrazione non si applica, invece, ai redditi superiori ai 75 mila euro annui.
“L’iniziativa avrebbe tre effetti positivi: l’aumento dell’occupazione femminile perché agevolerebbe la conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di cura; l’emersione del lavoro nero nel comparto dei collaboratori domestici; e infine l’aumento del tasso di natalità, come dimostrano i paesi con un più elevato tasso di occupazione femminile del nostro” spiega Diana.
Qual è la copertura finanziaria necessaria per questa legge? Il team che ha lavorato alla proposta ha fatto i calcoli: sono 2,6 milioni le famiglie italiane (il 10,4% del totale) che hanno attivato servizi di collaborazione. Se si ipotizza che solo nel 46,5% di queste famiglie vi sia una donna occupata, le possibili fruitrici della norma diventano dunque 1.209.000. Facendo un calcolo in base all’ipotesi di fasce di reddito, la copertura necessaria sarebbe di 1,8 miliardi. “Se calcoliamo, però, l’emersione del lavoro sommerso e un’ipotesi di incremento, a seguito della norma, dello 0,5% dell’occupazione femminile, i nostri esperti stimano per il Fisco entrate in crescita di 8 miliardi circa. Come imprenditrice credo di poter dire che un investimento che rende 4 volte il valore investito è senz’altro da considerare” commenta Diana, ricordando che “Se il tasso di occupazione femminile salisse dall’attuale 47% al 60%, secondo stime della Banca d’Italia il Pil aumenterebbe del 7%”.