“Troppo spesso la stupidità editoriale ha prevalso al Charlie Hebdo”. Tony Barber, commentatore del Financial Times, non ha dubbi: non vuole giustificare gli attentatori, che vanno catturati e puniti, e non vuole neppure che la libertà di espressione non sia estesa alla satira sulla religione. Però Barber è convinto che “un certo tipo di buon senso sarebbe utile a pubblicazioni come Charlie Hebdo, e al danese Jyllands-Posten, che pretendono di fare qualcosa in nome della libertà quando provocano i mussulmani”. Il suo commento, pubblicato ieri intorno alle sette nella versione online è poi cambiato con il passare delle ora (forse anche per i commenti non proprio lusinghieri ricevuti) ed è stato emendato della parola “stupid” (anche se è rimasta “foolishness”). La sostanza, comunque non è cambiata e le frasi qui riportate le trovate anche nella versione cartacea di questa mattina.
Barber non è il solo a pensarla così. E ieri in redazione ci siamo trovati a discutere proprio di questo. Ho faticato a credere che qualcuno che fa il nostro mestiere possa pensare che ci si debba autocensurare. Credo che la nostra libertà di espressione sia garantita e limitata dall’articolo 21 della Costituzione Italiana (Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure); dall’articolo 19 e 29 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere. Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico, e del benessere generale in una società democratica); dall’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche, e senza considerazione di frontiera); dagli articoli 6-7 del trattato dell’Unione Europea e dall’articolo 11 della Carta di Nizza.
Se iniziamo a porre dei limiti arbitrari, che non siano cioè legati all’ingiuria della persona o alla dichiarazione del falso, come possiamo poi trovare un termine dove fermarci? Non si può fare satira sull’Islam? Allora nemmeno su tutte le altre religioni, comprese quelle minori. Ma allora nemmeno sulle credenze politiche, che per chi è agnostico potrebbero avere la valenza di una religione. Allo stesso modo non potremmo fare satira sugli Ufo, perché per qualcuno possono essere un credo. Oppure su certi animali, che per alcune religioni sono sacre. Allo stesso modo potrebbe essere limitata la libertà alla critica.
Due sono i pericoli del filo di ragionamento di Baber, a mio avviso. La fine della libertà di espressione e l’indiretta giustificazione di certe reazioni. A quest’ultima preferisco rispondere con le parole del Muslim Council of Britain che ha condannato l’attacco di ieri: “Whomever the attackers are, and whatever the cause may be, nothing justifies the taking of life”.