A leggere accostate le parole “donne” ed “economia”, lo ammetto, ancora oggi ho l’impressione che si parli di due mondi in avvicinamento. Come fossero due sfere che qualche volta si sovrappongono per un po’, poi si allontanano per riavvicinarsi un po’ più in là. Eppure in tanti anni ho avuto la dimostrazione pratica che le sfere “donne” ed “economia” coincidono molto più di quanto non se ne abbia contezza. E forse ne avremo consapevolezza piena quando non ci saranno più tavole rotonde dal titolo “Donne ed Economia”, come quella del forum della Conferenza Internazionale dal titolo “Le donne nella nuova stagione del Mediterraneo”, ideata e organizzata a cura della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo in corso oggi e domani a Valencia. Sei le relatrici che hanno voluto sottolineare “la necessità di integrare le donne nei processi politici ed economici per un maggior sviluppo socio-economico, non soltanto della donna di per sé ma anche della società in senso lato”.
I temi affrontati sono quelli di cui si parla da tempo: le difficoltà insite nell’avvio di un’attività, nell’accesso al credito, la disparità retributiva o, ancora, l’assenza delle donne ai vertici aziendali. La differenza, rispetto al solito, è la visione multiculturale: Italia, Spagna, ma anche Egitto, Tunisia, Turchia. Dove il problema è il gap salariale e dove, invece, si lotta ancora per una parità sostanziale anche solo nell’accesso all’istruzione. Diverse facce della stessa medaglia in paesi legati a doppio filo, perché non si può pensare di vivere in due mondi diversi di qua e di là dal Mediterraneo.
Isabel Tocino, membro del Consiglio di Amministrazione del Santander Group, già Ministro dell’Ambiente, si è soffermata sui grandi “tsunami” di inizio del XXI secolo, che hanno segnato l’odierno “disordine internazionale” e che rendono necessaria una “leadership trasformatrice”. Tocino ha sottolineato che “serve una leadership trasformatrice, umanista, di valori, in grado di farsi carico di impegni reali, una leadership attuabile grazie alle donne, perché siamo noi a trasmettere la vita, siamo noi ad aver imparato attraverso l’abnegazione e il sacrificio”.
Una leadership, però, che dovrebbe veder riconosciuta la parità di remunerazione tra generi, come ha ricordato Fiorella Kostoris, professoressa di Economia presso l’Università La Sapienza di Roma e membro del cda di Banca Mps, che ha segnalato come sebbene tale parità sia prevista anche a norma di legge, viene di fatto elusa se non addirittura evasa. Kostoris propone di “unire le nostre forze ai fini di una maggiore equità economica e sociale nei nostri Paesi dato che, a conti fatti, tale equità è legata anche al benessere sociale. Un avanzamento in tal senso nel mondo del lavoro —ha aggiunto— è positivo non soltanto per le donne ma anche per il progresso in senso lato. Il capitale umano delle donne è identico al capitale umano degli uomini”.
Gülden Türktan, presidente dell’Associazione delle Donne Imprenditrici della Turchia (KAGIDER), dal canto suo, ha illustrato i tre ambiti in cui operano per promuovere l’uguaglianza attraverso l’Associazione: richiesta di sostegno da parte delle autorità, mediazione con il settore privato, consegna alle donne degli strumenti di cui hanno bisogno per poter operare in ambito imprenditoriale e un’azione di networking. La Turchia ha segnalato l’assenza di una normativa relativa all’avvio di un’attività imprenditoriale da parte delle donne.
Dalla Grecia, Apostolina Tsaltampasi, vice Presidente dell’Associazione Greca delle Donne Imprenditrici (SEGE), è intervenuta spiegando in che modo la sua organizzazione si era attivata per cercare di avviare, purtroppo senza grossi riscontri, rapporti di collaborazione con i ministeri, i servizi sociali e le ONG e poter, così, contrastare la stereotipizzazione della donna sui mass media. La SEGE ha sostenuto oltre 500 startup per aiutare le donne imprenditrici a superare le difficoltà sorte a seguito della crisi economica.
Altro Paese, altra realtà: Anissa Ben Hassine, Professoressa di Economia Pubblica presso l’Università di Tunisi, si è soffermata sulla realtà femminile del suo Paese in cui l’emancipazione delle donne è tutt’altro che un fatto nuovo. L’ascesa al potere del partito islamico nel 2011 ha segnato, di fatto, un importante riflusso per quanto concerne la situazione delle donne in Tunisia, divenute attualmente “parte complementare”. Ad esempio, i dati inerenti la popolazione attiva femminile avevano avuto un andamento positivo tanto da attestarsi al 30%. Tuttavia, da quell’anno in poi, si è verificata una stasi. Al termine del suo intervento, Anissa Ben Hassine ha sottolineato che “la donna oltre a essere madre, sorella e figlia è anche una cittadina a cui spettano diritti e libertà”.
Non è mancato, poi, il tema delle donne emigranti del Mediterraneo, sottolineato da Amany Asfour, presidente dell’Associazione Donne d’Affari Egiziane (EBWA), che si è pronunciata a favore di un “asse Africa-Europa. Desideriamo, ha proseguito, che il Mediterraneo sia fonte di speranza per quelle donne nei cui Paesi la speranza è stata bandita e che, pertanto, sono costrette a emigrare senza alcuna garanzia di sorta”. In un richiamo alla tematica di fondo di questa conferenza internazionale, ha evidenziato la necessità di sostenere le donne affinché raggiungano l’indipendenza economica di modo che possano scegliere. Questa capacità di scelta dovrebbe essere garantita dalla democrazia perché soltanto così si potrà raggiungere la stabilità nel Mediterraneo.
Un tema che sembra a noi lontano, ma che si ripropone anche nei paesi occidentali, come l’Italia, dove lavora solo meno di una donna su due e dove la mancanza di indipendenza economica non da’ la possibilità di poter disporre liberamente della propria vita, soprattutto quando si hanno figli a carico.