Chi di noi non ha un’amica, una sorella, una vicina di casa che in questi anni è stata “lasciata a casa”? Io ne conto più d’una fra le mie conoscenze e l’ondata non sembra essere finita, perché se è vero che qualche timido segnale di ripresa è stato registrato dagli economisti, gli imprenditori, soprattutto quelli medio piccoli, ancora non hanno l’impressione che il peggio sia passato e se possono ricorrono alla cassa integrazione o alla mobilità per una nuova cura dimagrante della forza lavoro. Stupisce poco, quindi, il dato sulla disoccupazione, in maggio salita al 12,6% spinta soprattutto dalla componente femminile. Il tasso si riavvicina al record storico toccato a gennaio e febbraio (12,7%), secondo le stime provvisorie diffuse ieri dall’Istat.
A farne le spese maggiori, come dicevamo, sono le donne, la cui disoccupazione ha toccato il livello record del 13,8%, il più alto dall’inizio delle serie mensili (gennaio 2004) e dal secondo trimestre 2000. La disoccupazione giovanile è al 43%. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha provato a vedere il bicchiere mezzo pieno: “A maggio gli occupati sono 22,36 milioni, in aumento dello 0,2% rispetto ad aprile (+52.000). Queste prime righe del comunicato dell’Istat ci danno una buona notizia: stupisce che non le venga attribuito il giusto rilievo”. Già, perché non vediamo il bicchiere mezzo pieno?
Non mi va di fare analisi astratte o tirate contro la mancanza di iniziative per incentivare l’occupazione, soprattutto femminile. Voglio guardare le cose dal basso. E’ difficile vedere il bicchiere mezzo pieno se si è a casa da quasi due anni e quando spedisci il cv non ti rispondono nemmeno “grazie le faremo sapere”. E’ difficile se in famiglia si è rimasti con uno stipendio solo e c’è il mutuo da pagare. E’ difficile se dopo essere arrivati alla laurea e aver lavorato per quattro-cinque anni ci si ritrova disoccupati oltre i 30 e non si rientra più nemmeno nei programmi di assunzione dei giovani. E non tiriamo fuori il consiglio: se non trovi lavoro crealo! Liberi professionisti e imprenditori non ci si improvvisa.
E allora che fare? Forse dal basso l’unica cosa che si può fare è creare una rete in modo da far circolare le informazioni e le ricerche di personale. Al posto di continuare a pubblicare selfie sui social media e a retweettare spot, frasi celebri o catene di santantonio senza senso, proviamo a far diffondere notizie utili. Conoscete un’azienda che cerca? Leggete un cartello sulla vetrina di un negozio? Il vostro commercialista cerca un praticante? Facciamo che siano questi i nostri messaggi social.