Ma le donne italiane (e gli uomini, aggiungerei) vogliono o no avere figli? Il Wall Street Journal ha dedicato alla bassa natalità italiana un articolo nell’edizione i ieri, ma leggendolo ho avuto l’impressione di un’accozzaglia di informazioni, numeri e interviste che non hanno la fisionomia e i contenuti di una riflessione coerente sul tema, come ha segnalato già in parte Paola Liberace (autrice del libro Contro gli asili nido) nel suo blog.
Andiamo con ordine. Innanzitutto le interviste riportano solo il punto di vista di donne che hanno scelto coscientemente di non avere figli, non per difficoltà oggettive ma come libera scelta di vita. Per altro rispettabilissima. Dove sta scritto che una donna per realizzarsi debba fare per forza figli?
Le interviste non supportano quindi le tesi della giornalista che invece imputa la bassa natalità italiana a fattori che ci siamo sentiti ripetere all’infinito: elevata età al compimento degli studi, precarietù del lavoro, dfficoltà nell’uscire da casa dei genitori, mancanza di nidi e così via.
I dati, cui si rifà la giornalista, sono per altro un po’ datati. E’ vero che il 25% delle donne nate nel ’65 non ha avuto figli, ma forse sarebbe necessaria fotografia un po’ piu’ recente. E un’analisi un po’ più approfondita.
A cominciare dai problemi di concepimento. ad oggi in Italia abbiamo avuto una legge sulla fecondazione assistita che ha fatto scappare all’estero molte coppie con costi non indifferenti. La fecondazione assistita e l’adozione richiedono una disponibilità di denaro non alla portata di tutti e forse non e’ un particolare da poco. Senza contare i vincoli: il Wsj ci paragona ai numeri Usa senza ricordare ad esempio che lì le leggi la fecondazione el’adozione sono ben più “permissive”, comprendendo anche i diritti di single e gay.
Con questo non si vogliono certo negare problemi oggettivi di un’economia a rilento, mancanza di lavoro stabile e mancanza di strutture, servizi e agevolazioni per famiglie con figli. Il Wsj ci paragona anche ai numeri francesi non ricordando, però, quali siano i “supporti” alla maternità riconosciuti nel Paese da decenni. Che in Italia sia mancata una politica in questo senso è innegabile, ma non si risolve con quattro nidi in più o un voucher ogni tanto. Servirebbe un piano serio e di lungo termine per poter creare un contesto più favorevole (in termini di welfare e di sicurezza nel mondo del lavoro) per un ritorno alla crescita della natalità.
Non sono tanto le 50enni di oggi che mi preoccupano con il loro 25% senza figli (molto dovuto a scelte personali), quanto piuttosto le e i 30enni, che si guardano attorno smarriti. Questa e’ la generazione che rischiamo di perdere.