“Ma l’esercizio di matematica era a pagina 33 o 35?”. “Mi mandate per favore la foto della pagina da studiare di storia che non abbiamo il libro a casa”. “I soldi per la gita vanno portati entro domani?”. Purtroppo non è il gruppo whatsapp fra compagni di classe, ma quello fra genitori. Una moda che sta diventando contagiosa, dal nido al liceo. Per carità, per i genitori che lavorano è una manna dal cielo: sai in tempo reale tutto quello che sapresti andando a prendere tuo figlio all’uscita da scuola. E riesci anche a parare qualche colpo: almeno la maestra non ti scriverà sul diario che ha dovuto anticipare i soldi del pullman o che al bambino manca il materiale didattico. Eppure c’è qualcosa che non mi convince.
Io non ho ricordo dei miei che chiamassero i genitori dei compagni per avere conferma della pagina da studiare o per chiedere se il giorno dopo ci sarebbe stato un compito. Se avevo scritto sul diario i compiti esatti allora andavo a scuola preparata, altrimenti rischiavo la figuraccia, il brutto voto o la nota sul diario. Certo la sensazione non era piacevole, ma di sicuro serviva a farmi stare più attenta la volta successiva. Oggi mandiamo i bambini a scuola con la rete di protezione. Se cadono, rimbalzano e non si fanno male. A volte anche più della rete: li bardiamo con salvagente, giubbotto gonfiabile, scarpe antiscivolo, parastinchi e casco. Ci assicuriamo che non si facciano male, ma non rischiamo che poi se ne facciano di più crescendo, quando non potremo fare più il gruppo whatsapp con i genitori dei compagni di università o poi con quelli dei colleghi d’ufficio?
E l’aberrazione non finisce qui. Da quest’anno anche la scuola elementare di mio figlio ha adottato il registro elettronico. Alla comunicazione di nome utente e password ho sentito un leggero fastidio, poi dopo qualche settimana, al primo ingresso nel sistema, il fastidio si è trasformato velocemente in disagio. Nel registro scolastico oltre alle assenze, i genitori possono consultare quanto fatto in classe in ogni singola materia, i compiti assegnati e (orrore!) i voti del proprio figlio. Ho chiuso in fretta il tutto come se mi fosse capitato in mano il suo diario dei pensieri.
Ma che roba è? Posso in qualunque momento sapere cosa fa mio figlio prima ancora che lui pensi anche solo se raccontarmelo o meno. Che fine fanno le chiacchiere da cena: cosa avete fatto oggi? Com’è andata la giornata? Ti ha interrogato?
Dove è finita la possibilità di scelta del bambino di raccontare o meno se è stato interrogato o se la maestra ha fatto una verifica a sorpresa? Dove è finita la libertà di confessare a un genitore un’insufficienza o invece decidere di gestirla da solo magari studiando, recuperando la volta successiva e spuntando una sufficienza in pagella?
Li abbiamo deresponsabilizzati con i gruppi di whatsapp e ora togliamo loro anche la scuola della scuola dove si impara a gestire il fallimento, il successo, la comunicazione con i genitori e i rapporti con gli insegnanti. Poi però pretendiamo che siano responsabili, consapevoli, autonomi e pienamente indipendenti quando vanno alle superiori o quando si iscrivono all’università e si devono autogestire.
A scuola in prima elementare si studia l’alfabeto e in quinta si fa l’analisi logica. Allo stesso modo esiste una crescita progressiva delle capacità personali non didattiche. Perché stiamo facendo questo ai nostri figli? Perché stiamo togliendo loro la possibilità di gestire le informazioni che riguardano la loro vita?
La soluzione? Non ne ho. Nel mio piccolo cerco di non chiedere mai conferma dei compiti o di quanto fatto a scuola agli altri genitori e ho spiegato a mio figlio che guarderemo il registro elettronico sempre e solo insieme e quando me lo chiederà lui. Correremo il rischio di non avere una media scolastica da lode, di beccare qualche nota e qualche rimprovero dalle maestre (uso il noi, perché le maestre oggi se la prendono anche con i genitori) e di non essere impeccabili. Ma accidenti se sarà meno noioso. E magari ci guadagnerà anche il nostro rapporto in termini di fiducia reciproca.
AVVERTENZE: causa numerosi commenti, scrivo qui un’aggiunta al post in modo da fugare ogni dubbio: NON E’ UN POST CONTRO LA TECNOLOGIA E L’INNOVAZIONE, CHE SONO ASSOLUTAMENTE DA ASSECONDARE E INCENTIVARE. E’ UN POST SULL’EDUCAZIONE DEI FIGLI E SU COME LI PREPARIAMO ALLA VITA FUTURA, CHE NON AVRA’ LE RETI DI SALVATAGGIO che ci sono oggi a scuola. Se un’astronauta (donna!) deve andare nello spazio fa un percorso fisico e psicologico per affrontare la missione. Se un calciatore deve affrontare la finale di Champions, si sottopone a una preparazione fisica e psicologica per la partita. La domanda che MI faccio e che VI faccio è: stiamo preparando i nostri figli alla partita che dovranno giocare o alla missione che dovranno affrontare?