Qualche anno fa una manager dopo un convegnò si avvicinò e mi disse che si era accorta durante il dibattito che involontariamente stava facendo delle differenze nell’educazione dei suoi figli, un maschio e una femmina. Mi disse, ad esempio, che se doveva chiedere una mano in casa preferiva farlo con la figlia (per altro più piccola) perché al maschio avrebbe dovuto ripetere la richiesta svariate volte e non avrebbe avuto un risultato altrettanto buono. Promise a se stessa che non lo avrebbe fatto mai più.
Oggi ho anch’io un figlio e una figlia e prima o poi mi si porrà lo stesso problema. Il bambino è cresciuto tra costruzioni, martelli e cacciaviti, invenzioni di astronavi e coltivazioni di orti. A due anni, però, ha ricevuto da Babbo Natale la cucina e sa fare una torta da quando ha tre anni. Ma sarò capace di garantire un’educazione equa ai miei figli?
E certo non è incoraggiante la ricerca di McKinsey-ValoreD “Occupazione-Istruzione-Educazione: le trappole nascoste nel percorso delle ragazze verso il lavoro”, presentata da Roberta Marracino durante la due giorni di Nuvola rosa, organizzata a Roma dal 22 al 24 aprile da Microsoft Italia e 16 partner pubblici e privati. I lavori sono stati densi di stimoli e mi piacerebbe diluirli nel tempo, perché tutti insieme rischiano di perdersi in un quadro troppo ricco. Inizio proprio dalla prima parte della ricerca citata, che offre importanti spunti di riflessione:
“La cultura prevalente e la famiglia esercitano un’influenza importante su comportamenti e attitudini delle ragazze sin dai primi anni di vita. A partire dai giochi che i genitori svolgono insieme ai figli (6-10 anni). Se i papà si dilettano con maschi e femmine mettendo in opera gli stessi giochi (disegno, giochi di movimento, videogiochi, etc.), le mamme appaiono essere più frequentemente vittime di stereotipi: oltre il 52% di esse gioca con le figlie svolgendo attività domestiche, mentre disegna o svolge giochi da tavolo con i figli maschi” spiega Marracino, aggiungendo che “questa divergenza di atteggiamento e aspettative si ripropone anche successivamente, quando i figli sono più grandi (6-17 anni). Circa un quarto dei bambini e delle bambine sono impegnati indifferentemente in attività quali badare ai fratelli più piccoli e fare la spesa, ma le attività che registrano maggiore discrepanza tra gli uni e le altre sono quelle più squisitamente “casalinghe”: rifarsi il letto, apparecchiare/sparecchiare la tavola, fare le pulizie di casa rimangono impegni in gran parte a carico delle femmine”. Come in una profezia che si auto realizza: “se diamo per scontato che siano le ragazze a svolgere certe attività, senz’altro saranno loro a farsene carico in futuro, rinunciando spesso a lavorare fuori casa” commenta Marracino.
E questa differenza di giochi, e quindi di educazione, non ha un effetto diretto solo sul fatto che le donne si fanno carico di oltre l’80% dei lavori di cura in Italia. Ha come conseguenza anche la scelta di studio, del tipo di lavoro e carriera. Ma di questo parleremo un’altra volta. Ora vorrei solo invitarvi a fare un esercizio. Osserviamoci da fuori e se i risultati della nostra ricerca personale coincideranno con quelli di McKinsey, magari corriamo ai ripari e iniziamo da un’equità domestica per costruire una società più equa per le prossime generazioni.