Il mappamondo del lavoro femminile (e la scorpacciata di statistiche per l’8 marzo)

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Lavoro vuol dire indipendenza economica. Indipendenza economica vuol dire indipendenza di scelte. Indipendenza di scelte vuol dire poter esercitare i propri diritti. Ecco perché diventa centrale la lotta alla disoccupazione femminile. Senza contare poi i risvolti macro: un Paese dove le donne non lavorano è un Paese dove metà del potenziale economico non viene sfruttato. Questo, come scrive Max Fisher sul Washington Post, rende tutti più poveri.

Per questo Fischer si è dedicato alla mappatura mondiale dell'occupazione femminile in base ai dati dei World Development Indicators della Banca Mondiale. In rosso i Paesi in cui l'occupazione femminile è sotto il 25% e via via verso il blu quelli in cui l'occupazione femminile è più alta. L'americano Fisher spiega il color violetto dell'Europa con l'impegno di molti Paesi europei ad attuare politiche di "ripopolamento". In soldoni, le donne starebbero lavorando poco perché sono impegnate a far figli. Non è proprio così, caro Fisher. Le europee faticano a trovare lavoro a causa della crisi e come abbiamo scritto più volte, quando non lo trovano si reinventano come imprenditrici pur di lavorare.

Il tema è un po' più complesso. Il timore è che con l'occasione dela festa della donna il prossimo 8 marzo si faccia la solita scorpacciata di numeri e di statistiche, che lasciano un po' il tempo che trovano. Tanto più che in Italia è completamente scomparsa la delega per le Pari Opportunità. Forse che il premier Matteo Renzi ritenga sufficiente la parità numerica fra i ministri per dare all'Italia la disgnità di un Paese senza gap di genere?